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La tutela del patrimonio archeologico è di fondamentale importanza per la conservazione della storia e della cultura di una determinata area. Quando si intraprende un progetto di costruzione o di intervento sul territorio può essere necessario richiedere un parere archeologico per valutare l’impatto potenziale sull’ambiente archeologico circostante.

Spiron, grazie a una vasta esperienza, gestisce con professionalità ed elevata qualità del lavoro ogni intervento di tutela archeologica, accompagnando il committente in tutte le fasi dell’iter amministrativo per il rilascio del nullaosta, garantendo tempi certi e celeri.

Nell’articolo odierno vi forniremo tutte le informazioni necessarie, anche relativamente alle tempistiche

Quando richiedere un parere archeologico

Quando è necessario richiedere un parere archeologico? In generale, la richiesta di un parere archeologico viene effettuata quando si pianifica un intervento pubblico (art. 25 D.Lgs. 50/2016) o privato (art. 146 D.Lgs. 42/04 smi) che coinvolge scavi, fondazioni o altre attività che potrebbero incidere sul suolo e sul sottosuolo. Ad esempio, se si desidera costruire un edificio in un’area in cui sono state trovate evidenze archeologiche in passato, è probabile che sia richiesto un parere archeologico.

Come richiedere un parere archeologico

La richiesta di un parere archeologico di solito viene presentata direttamente dai comuni, su indicazione dei richiedenti, agli uffici della Soprintendenza archeologia del Ministero della Cultura. È importante verificare le specifiche competenze territoriali in materia di tutela, in quanto potrebbero variare da paese a paese o da regione a regione.

Quando si presenta la richiesta di parere archeologico, è necessario fornire una descrizione dettagliata del progetto, comprese le sue dimensioni, la tipologia di intervento e la localizzazione precisa dell’area interessata. È importante allegare anche eventuali documenti preliminari, come planimetrie e relazioni tecniche, che possano aiutare gli archeologi a valutare l’impatto potenziale sull’ambiente archeologico.

Oneri e tempistiche

In termini di oneri e tempistiche, è importante tenere presente che la richiesta di un parere archeologico potrebbe comportare dei costi, sia in termini di tasse amministrative che di eventuali indagini archeologiche richieste. Le tempistiche possono variare a seconda del tipo di intervento e della complessità dell’area interessata.

Art. 146 D.Lgs. 42/04 (autorizzazione paesaggistica) – Che cosa è, e che tipo di documentazione è richiesta?

Ogni intervento su immobili o aree sottoposte a tutela paesaggistica deve essere preventivamente autorizzato. L’autorizzazione è rilasciata dalla Regione, che deve acquisire il parere vincolante della Soprintendenza. La Regione può delegare questa attività ai comuni, agli enti parco o ancora a forme associative e di cooperazione fra enti locali. L’autorizzazione deve essere di regola ottenuta prima dell’inizio dei lavori e, salvo alcuni casi specifici, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione delle opere.  La documentazione richiesta prevede la consegna di:

  • Descrizione dettagliata dell’intervento;
  • Elaborati grafici (piante, prospetti, sezioni, profili planoaltimetrici, particolari esecutivi e costruttivi tutti quotati);
  • Procedimenti autorizzativi e nulla osta;
  • Relazione tecnico-illustrativa (relazione paesaggistica con riferimenti PRG, PTP, PTPR, eventuali D.M. culturali, eventuali opere di mitigazione).

Art. 25 D.Lgs. 50/2016 (archeologia preventiva) – Che cosa è?

Il Codice degli Appalti prescrive che tutti i lavori pubblici, o di pubblica utilità, necessitano del parere preventivo della Soprintendenza territorialmente competente, indipendentemente dalla presenza o dall’assenza di specifici vincoli. I lavori che prevedono la movimentazione di terra devono essere inviati alla Soprintendenza, corredati da un elaborato di “verifica preventiva dell’interesse archeologico” (VPIA o VIArch). Lo studio punta ad accertare il possibile sovrapporsi dei tracciati di progetto a elementi di interesse archeologico, per prevenire eventuali criticità, un’interruzione dei lavori in corso d’opera, e/o la necessità di dover predisporre varianti al progetto esecutivo. Tuttavia, tale documento non è necessario per i lavori sotto i 50.000€, per cui la Soprintendenza può o meno richiedere soltanto l’assistenza archeologica in corso d’opera (per esempio per scavi di sottoservizi).

Quando si applica la procedura di richiesta di un parere archeologico

Tale procedura si applica a tutte le categorie di lavori qui elencate:

  • opere connesse alla gestione e alla distribuzione del gas e dell’energia termica;
  • opere connesse alla gestione e alla distribuzione dell’energia elettrica;
  • opere connesse alla gestione e alla fornitura idrica (acquedotto e fognature);
  • attività relative alla fornitura di servizi pubblici via cavo;
  • attività relative alla fornitura di servizi pubblici quali i trasporti;
  • opere riguardanti l’ampliamento e la manutenzione di edifici e aree pubbliche (quali scuole, ospedali, cimiteri, piazze, strade).

Come funziona?

La procedura per la verifica dell’interesse archeologico si articola in fasi funzionali, i cui esiti integrano la progettazione di fattibilità dell’opera:

  • Fase preliminare (scoping): la Stazione Appaltante informa la Soprintendenza sull’intenzione di realizzare l’opera in una determinata area e si definisce un primo quadro conoscitivo, anche con l’archeologo incaricato dall’eventuale VPIA.
  • Fase prodromica (art. 25 c. 1): vengono raccolti tutti i dati per un quadro conoscitivo esaustivo (es. survey) per la redazione VPIA con carta di rischio archeologico.
  • Prima fase (art. 25 c.8 ss) ed eventuali fasi successive: si progettano le indagini sulla base della VPIA. Può essere una progettazione semplificata o complessa e lo si concorda con la Soprintendenza. Le indagini richieste possono essere non invasive (indirette: prospezioni geofisiche) e/o invasive, ossia carotaggi o sondaggi (saggi, trincee…) a carico della stazione appaltante. Sulla base degli esiti la Soprintendenza può concludere il procedimento o può richiedere ulteriori indagini con scavi in estensione aggiuntivi.
  • Fase conclusiva: il processo si conclude con la redazione della relazione archeologica. La relazione apre diversi scenari: il più semplice si presenta quando lo scavo esaurisce direttamente le esigenze di tutela. Quando, invece, il contesto è scarsamente conservato, è sufficiente il reinterro o la scomposizione del sito. Infine, qualora i resti archeologici debbano rimanere integralmente in situ e le esigenze di tutela impattano sull’intervento è richiesta una variante al progetto o, in casi estremi, viene rilasciato un parere archeologico negativo.

Quanto costa?

Le attività connesse con la VPIA non sono superiori al 15% e inferiori al 5% dei lavori posti a base d’appalto, al netto dell’IVA. Per interventi di ridotta entità, l’importo non può essere in nessun caso inferiore a 3.000€, al netto dell’IVA.

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